Cosa Visitare

Dalla nuda roccia all’infinito

Circondata da secolari ulivi, l’abbadia di Sant’Angelo si innalza su di uno sperone di nuda roccia calcarea a strapiombo su Lauro.
L’insieme architettonico, ancora oggi, nonostante gli elementi strutturali, che la compongono, appartenenti ad epoche diverse e anche contrastanti, a partire dall’età alto medioevale, a quelle barocca e “contemporanea”, conserva un fascino sottile o, per meglio dire, un alone di misticismo, a cui è difficile sottrarsi.
Varie sono state attraverso i secoli le vicende storico- religiose (appartenenza prima ai Basiliani, monaci di rito greco, poi ai Benedettini ed infine alla Curia nolana) che hanno interessato il complesso abbaziale e numerosi gli interventi radicali, certo, non tutti “ortodossi”.L’impianto attuale risale alla seconda metà del secolo XVI.
Affresco San Giovanni BattistaEsso consta della chiesa, a navata unica, dell’abitazione dell’abate e di alcuni locali di servizio. Un muro cinge il perimetro della proprietà, alla quale si accede attraverso un interessante portale tardo rinascimentale in asse con quello d’ingresso alla chiesa.
Una rampa in pietra conduce all’ entrata dell’abitazione badiale, un semplice vano architravato, sormontata da una lunetta affrescata, che raffigurava una “deposizione” di Cristo e alla chiesa, a navata unica sulla quale si aprono 6 cappelle laterali (tre per lato) di diverse profondità.
Sulla destra della chiesa, con accesso dal presbiterio, a pianta quadrata a vela ribassata, si stagliano i volumi della sagrestia, coperta a crociera, e del campanile.

abbadia
affresco
Un luogo ideale per il raccoglimento e la meditazione

Il convento sorge parzialmente sulle rovine di una villa romana, tardo repubblicana, le cui terme e parte degli ambienti di rappresentanza sono ancora, oggi, visibili a sud-est di esso.
Fu iniziato nel 1383 per volere di Niccolò Orsini, conte di Nola, sotto l’influsso spirituale di S. Brigida di Svezia, e completato nel 1396 ma sono evidenti rifacimenti successivi.
Il complesso conventuale è costituito dal convento, dal campanile e dalla chiesa.
Il convento si chiude armonicamente intorno ad un chiostro quadrilatero del XVII secolo, arricchito da una serie di affreschi riproducenti l’epopea di san Francesco e dei primi martiri francescani;
sulla parete del chiostro adiacente alla chiesa si conservano ancora tracce di una fabbrica tardo-rinascimentale (archi e colonne in tufo grigio locale).
Chiostro del conventoSul chiostro si aprono gli accessi alla biblioteca, al refettorio in cui è conservato uno stupendo affresco datato 1646 e rappresentante “l’Ultima cena” e alla chiesa; l’intero complesso è sovrastato da un maestoso campanile (1640),che sorregge quattro campane e domina l’intera vallata.
La chiesa, preceduta da un pronao e da un portale in piperno è a navata unica (cm 2100 x 1150), con soffitto in cassettonato ligneo (1890); scandita da cinque cappelle per lato, che racchiudono iscrizioni lapidee e lastre tombali e conclusa dal coro, coperto da una volta a botte lunettata, è dedicata a San Giovanni Evangelista.
Tra le opere d’arte superstiti si segnalano:
l’affresco, di chiara fattura (gotica valenciana) quattrocentesca, raffigurante S. Antonio da Padova in abiti francescani, recante nella mano destra il giglio e nella sinistra il libro (tipica iconografia del XV secolo), attribuito ad Angiolillo Arcuccio (Napoli 1430-1492) e databile intorno alla seconda metà del XV secolo;
Altare ligneoun monumentale altare ligneo, eseguito da frate Giuseppe da Soleto (intorno al 1650), proveniente dai conventi napoletani di Santa Croce e Trinità di Palazzo, demoliti da Ferdinando IV di Borbone (1774) per far posto all’attuale Piazza Plebiscito e a Palazzo Salerno;
Coro ligneoun coro ligneo, a due ordini, opera del XVIII sec., con un armonioso leggio mobile per il calendario, a tre facce (alt. cm 250), in noce, (eseguito, con molta probabilità,da artigiani locali intorno al 1753), con figure intarsiate;
la sagrestia, un ambiente, questo ultimo, a pianta rettangolare, coperta da una volta a padiglione, decorata da stucchi; su i due lati è rivestita da una splendida boiserie lignea, formata nella parte inferiore da un banco a tre scomparti con dieci cassetti ciascuno, divisi da duplici lesene, a volute e foglie di acanto, ed in quella superiore da una ricca decorazione (volute, foglie d’acanto e cornici mistilinee) la sacrestia, un ambiente settecentesco, arredato con preziosa “boiserie”;
un pregevole pergamo ligneo a loggetta (XVII sec.), sormontato da un baldacchino terminante con una frangia e retto da due mensole; il parapetto presenta sulle facce tre bassorilievi raffiguranti “la morte di S. Francesco”, lo stemma francescano e una veduta della città di Gaeta;
la tela della “la Madonna col Bambino ed i Santi Giovanni Battista ed Evangelista” di Sebastiano Conca (1752);
significative statue lignee di scultori napoletani e locali;
il pavimento in maiolicato, di notevole fattura artistica, risalente al 1830, come si può leggere nel cartiglio posto alla porta dell’ingresso, riproduce nella zona centrale della chiesa un grande stemma con i simboli francescani, contornato da ampie volute e ghirlande e lungo i lati della navata e del presbiterio numerosi putti con cornucopie, rose dei venti e motivi naturalistici.
Ragguardevole la documentazione libraria della biblioteca tra cui si annoverano cinquecentine e antifonari. Il convento è stato per secoli sede di noviziato e vi abitarono, tra gli altri, il Beato Pietro di Aiola, P. Ludovico Tomacelli, iniziatore della Riforma, e P. Ludovico da Casoria.
Al centro del presbiterio (cm 586 x 1150) si innalza, a guisa di torre, uno splendido altare ligneo, parte in ciliegio e parte in noce, eseguito intorno al 1650 da Frate Giuseppe da Soleto (LE);
Le tavolette dipinte ad olio, raffiguranti scene del vecchio e del nuovo testamento, attribuibili a fra Giacomo da San Vito (?).L’altare si divide in due parti: la mensa (XX sec.) e il Ciborio (XVII sec.)
La mensa in noce, realizzata tra il 1926 e il 1927, per un voto fatto, dal fratello laico F. Mario Arena, intagliatore, in sostituzione a quella esistente in marmo, è composto da cinque pannelli; al centro l’“Ultima Cena” leonardesca, sotto il cui labbro inferiore è inciso: “Fra Mario Arena disegnò e scolpì- G. Rega fece l’ebanista; ai due lati frontali l’“Immacolata”, circonfusa dagli angeli; “S. Francesco”, in adorazione circondato dagli angeli; ai due lati “S. Pasquale” e “S. Antonio da Padova”. In origine, la mensa era addossata al Ciborio, dal quale nel maggio del 1983 è stata staccata e spostata in avanti in seguito alle disposizione del Concilio Vaticano II (1963/65).
Il Ciborio, o il Tabernacolo, in ciliegio, si compone di tre ordini architettonici sovrapposti, con un basamento ed una cupola; i fregi, i pannelli e la cornice sono tutti riccamente intagliati.:
in basso, tre pannelli per lato con due leoni e due uccelli affrontati sotto un’aquila bicipite coronata, ed un altro con un vaso di fiori; su di essi, nella parte centrale, alternandosi a due balaustre, corrono le alzate dei due gradini del postergale, istoriate con motivi di foglie di acanto e pampini con grappoli d’uva in cui si inseriscono cani, ippogrifi, uccelli; al centro è incassato il tabernacolo con due pannelli, sui quali è scolpita l’aquila bicipite coronata, emblema dei re di Spagna.
Infine, il tronetto, terminante con una cupoletta, sormontata da una Croce, è sorretto da quattro ordini di balaustre e colonnine; fra le colonnine, finemente intagliate, sono incassati in nicchie varie tavolette dipinte ad olio, raffiguranti scene del vecchio e del nuovo testamento.
Anche il retro del tronetto ospita otto tavole dipinte, sistemate in nove nicchie (una tavola è stata rubata nel 1976).L’altare è stato restaurato dai B.A.A.A.S. di Avellino e di Salerno (1984).

convento
altare
Questa chiesa, ad unica navata, più volte restaurata nel corso dei secoli, sorge sulla centralissima piazza Freconia, alla quale è collegata mediante una scala a doppia rampa con gradini in pietra calcarea.
Ha un impianto tipicamente barocco anche se non mancano tracce preesistenti appartenenti alla chiesa di san Leonardo (XIII sec.).
Degni di ammirazione, all’interno della chiesa: l’altare barocco in marmo policromo, un imponente organo, in legno dorato (1763/1773), di gusto vaccariano, il meraviglioso soffitto dipinto firmato da Pasquale Vecchione,le tele delle cappelle laterali, una delle quali, attribuita al Mozzillo;
sull’altare maggiore si può ammirare una splendida Pala lignea (150 x 210), di autore ignoto, vicino, per caratteristiche stilistiche ed iconografiche, alla scuola di Francesco Curia (fine 1500-inizio1600); rappresenta la Madonna del Rosario col Bambino, con i SS. Caterina, Domenico, Francesco e la Maddalena; la Vergine è posta in alto su una mezza luna; al di sotto un paesaggio.
Altare Chiesa del RosarioLa pala si completava con una serie di “misteri” andati distrutti probabilmente nel corso della ristrutturazione settecentesca della chiesa.
Probabilmente l’opera fu commissionata dalla Confraternita del Rosario; infatti, nell’elenco dei beni mobili di detta Confraternita risulta una “Cona con li misteri del SS: Rosario” (Sante Visite 1615 v. VIII, f. 246 v., Archivio Storico Diocesano di Nola).
Nella sagrestia si può ammirare una splendida boserie (440 x 300), in legno di noce intagliato, di gusto neoclassico.
Nel 1615 questa chiesa la troviamo citata col titolo di “Ecclesia” (Sante Visite, 1615, f. 246 r.); nel corso del 1700 la chiesa cambiò titolo in SS: Rosario (Sante Visite, 1817, v. XVIII, F. 130).
Questa chiesa è di proprietà della Congrega del Rosario, istituita il 27 ottobre 1576.
chiesa rosario
altare
Questa chiesa, a navata unica, più volte restaurata nel corso dei secoli, è ubicata in piazza Fontana; ha un impianto tipicamente barocco; è datata 1792 ma in realtà è molto più antica.
Sull’arco trionfale troneggia l’iscrizione: ASSUMPTA EST MARIA IN COELUM / FRATRES R.D. IAN. CRAT. F. A.D. MDCCLII.
L’altare, in marmo, è attribuito alla Scuola nolana (seconda metà del XVIII sec.); la tela centrale del soffitto, raffigurante l’“Assunzione della Madonna, sorretta da angeli, con i santi Antonio da Padova (a sinistra) e Maria Maddalena (a destra) e con due angeli che portano la pisside alla Maddalena” (prima metà del ‘700) è attribuita ad Angelo Michele Ricciardi(1682-1753).
47 stalli corali, disposti su due file, fatto raro nelle chiese laicali, ricoprono le pareti laterali della navata dall’ingresso al presbiterio, sono sicuramente opera di una “bottega” locale (quella di Antonio Ferraro?); gli schienali sono delimitati da semplici lesene, prive di capitello, e sono ornati al centro da cornici mistilinee; al di sopra della trabeazione un ventaglio alternato a vasi torniti in corrispondenza degli schienali e delle lesene.
Cantoria e organoLa cantoria ad andamento concavo-convesso, è divisa in sei pannelli a riquadri mistilinei è attribuita ad una bottega di falegnami intagliatori attivi nel Vallo di Lauro (databile dopo il 1792).
Sotto la cantoria, al centro di un ovale decorato da robuste volute, è raffigurato un Angelo reggicartiglio (sec. XVIII); l’opera, realizzata contemporaneamente al soffitto e alla tela centrale della chiesa (metà del secolo XVIII), è attribuita alla Bottega di Michele Ricciardi .
Sul cartiglio: ASSUMPTA EST MARIA IN COELUM GAUDENT ANGELI
L’organo, databile dopo il 1752, in pessimo lo stato di conservazione.
Stupenda è la statua lignea policroma dell’Assunta, dai caratteri stilistici cari alla statuaria sacra napoletana (fine XVII sec.), attribuita a Nicola Fumo di Baronissi (1645 ? – 2 luglio 1725) o a Giacomo Bonavita, detto il “Capoccia” di Lauro (Lauro di Nola, ? – 1656); fu commissionata dalla Confraternita della B.V. Assunta, che, nel 1615 era ospitata nella chiesa di san Fortunato; sempre dalla Confraternita la statua fu coronata dopo il 1752 (?).
Il 12 agosto del 2000 è stata nuovamente incoronata dall’arcivescovo di Capua, mons. Schettino.
chiesa assunta
cantoria
Dall’alto a guardia del Vallo di Lauro

È una piccola chiesa di incerte origini, posta sullo sperone occidentale di Pietra Màula, sulla montagna, a ridosso del paese in località Arcucciello.
È composta da due nuclei; il primo (l’attuale chiesa, a navata unica,) piuttosto recente (1907); il secondo (la vecchia chiesa e alcuni locali utilizzati dagli eremiti) più antico (XVIII secolo).
Il primo documento ufficiale, in nostro possesso, risale al 1788; tra i Luoghi pii laicali e misti esistenti a Taurano di Lauro (Provincia di Terra di Lavoro), è menzionata la Cappella di S. Maria dell’Arco “extra moenia”; una piccola cappella (ancora oggi esistente), costruita, in seguito al crollo della chiesa di santa Croce in località Acqualonga e di questa chiesa ha ereditato ruolo e funzioni.
Altare Chiesa della Madonna dell’ArcoUn altro documento conservato nell’Archivio del castello Lancellotti così recita: “… il progetto della nuova strada che da Monteforte per l’Acqualonga, per il Sambuco e per il Romitaggio detto di Santa Maria dell’Arco si vuol far calare a basso e portare per sopra Taurano…”.
L’attuale impianto, a navata unica, della chiesa, recentemente restaurata, risale agli inizi del 1907; interventi vari sono stati effettuati in seguito; l’altare maggiore è stato rifatto nel secondo dopoguerra, a proprie spese, dall’abate Romano Borrasi.
E’ fatto obbligo al parroco di Taurano, ancora oggi, celebrare in questa chiesa due Messe all’anno (3 maggio, festa della S. Croce, e il martedì dopo Pentecoste); dopo la celebrazione della Messa, la processione attraversa i campi (una volta si raggiungeva la località Acqualonga), per la benedizione dei raccolti e, infine, un pranzo all’aperto conclude la manifestazione.
All’inizio dell’800 era consuetudine celebrare in questa cappella la messa “in tempo di raccolta della frutta (agosto, settembre, ottobre) per comodo dei contadini “ (Santa Visita del 2 giugno 1629
fatta da mons. Gennaro Pasca)
Dal belvedere della Madonna dell’Arco, la vista è bellissima, per i vivi colori, le limpide trasparenze, la varietà di aspetti e di prospettive; si può spaziare con lo sguardo sulla verde valle di Lauro, sull’Agro nolano e sui Paesi Vesuviani, sui quali vigilano la dorsale preappenninica e il Vesuvio, sull’incanto del mar Tirreno, così lontano, ma che ti par toccar con mano.
E’ raggiungibile in pochi minuti con la comoda “Taurano-Monteforte”.

chiesa madonna arco
altare chiesa
Profumo di antiche storie quotidiane

Abbarbicato al costone di Pietra Maula, aggrappato alla vecchia Casa comunale (ora sede della Pro Loco) e alla baroccheggiante parrocchiale del Rosario come un’edera al suo muro, il centro storico di Taurano è tutto qui, quasi inalterato, nei suoi lineamenti (due piani terminanti con il classico “suppigno”) e nei suoi elementi costruttivi (tufo grigio di “frecogne” o pietra viva); lineamenti ed elementi, ormai sbiaditi e abbastanza levigati, a testimonianza del tempo che passa inesorabilmente.
In un “consueto” silenzio, solo apparente, in quel silenzio, che, solo la magia di un passato ancora vivo nei ricordi dei più anziani, può tramandare, il centro storico di Taurano si impone ai suoi “visitatori per caso” con tutta l’altezzosità di chi dall’alto tutto domina e con l’umiltà di chi, “rassegnato”, è sovrastato dalla quotidianità di un cielo sempre più lontano.
O’ trappitoOltrepassata piazza Fraconia, lo sguardo del “visitatore per caso” si posa sulle abitazioni “contadine”, tutte in fila, lungo le acciottolate vie Piazza, Trivio e Chianche, che sembrano, ancora, risuonare delle scarpe ferrate dei braccianti e degli zoccoli ferrati dei “fedeli” animali da soma; abitazioni “contadine”, ordinate dalla mano dell’uomo e modellate da necessità e da opportunità esistenziali, caratterizzate da consunte scalinate scoperte e intervallate da antiche dimore, di redazione sette-ottocentesca, di proprietà dei “boni homines, firmate da caratteristici portali in conci di tufo o di pietra bianca ad arco ribassato. Su queste strade si aprono “intriganti” vicoletti (Casalessa, Via Remondini, Cappullo, Via Casa Maffettone ecc), che nascondono “spopolati” cortili e portici (“suppuortici”), in cui si possono ancora “assaporare” i linguaggi, i sapori, gli odori e i colori di un tempo che fu. Girare tra questi vicoli e violetti è come salire a bordo della macchina del tempo: tutto riporta indietro nei secoli, quando la vita relazionale era contrassegnata da consolidate comunanze di beni e di affetti.

vico palme
trappito
Il luogo, dove la maggior parte dei tauranesi, amano ritrovarsi, soprattutto di sera, è piazza Fraconia, teatro e testimone di tanti avvenimenti, lieti e tristi, privati e collettivi, civili e religiosi.
Qui si può assaporare il “modus vivendi” dei tauranesi, su di essa prospettano la chiesa del Rosario e il vecchio municipio, oggi sede della Pro Loco; l’insieme, così raccolto crea uno spazio di intimità comune, dove è piacevole fermasi ed intrattenersi davanti ai caratteristici bar o sulle panchine della piazza o della villa comunale; fare quattro chiacchiere con gli anziani tra uno accanito scopone scientifico o una briscola, parlate di tutto e di niente, gustare un gelato, guardare lo “strucio”… per il piacere di vivere una serata semplicemente diversa.
Per i meno giovani l’appuntamento è, invece, al piazzale, rifatto recentemente, del Convento di San Giovanni del Palco; qui si può sostare un poco sulle panchine e sugli scalini per dialogare di tutto e di più su dolci motivi registrati oppure affacciarci alla immensa balconata dalla quale osservare l’ambiente naturale circostante, il paesaggio architettonico ed archeologico e il dolce degradare della valle di Lauro e il suo perdersi incerto fra cielo e terra.
piazza freconia
[località Acqualonga – a nordest del Monte Faito (1098 m s.l.m) dorsale del Monte Pizzone]

coordinate geografiche: 40° 53’ 54” Lat. Nord ; 14° 40’ 24” long. Est ; 571 m slm
quota ingresso : 570 m. s.l.m.
sviluppo della grotta: 21,0 m
copertura di origine piroclastica; calcare mesozoico
rilevatori: Sessa V. – Fiorillo G. – Iodascima S. – Petrosino M. (CAI – Sezione di Salerno)
esplorazione: dicembre 2005
Grotta del TonfoLo scorso dicembre 2005, alcuni esponenti del Gruppo CAI – Sez. di Salerno, sono stati invitati a ispezionare una cavità a sviluppo verticale, rinvenuta lungo un pendio nel territorio di Taurano (AV), durante i lavori per la costruzione della strada Taurano-Monteforte, che attraversa il fondo della valle dell’Acqualonga, a nordest del Monte Faito (1098 m slm), dorsale del Monte Pizzone.
La parola ad Aristide Fiore del CAI – Sezione di Salerno
Grotta del Tonfo”La prima ricognizione ha permesso di capire subito che si tratta di una grotta interessante, sia per l’andamento verticale, piuttosto insolito rispetto alle tipologie delle cavità note in quest’area, sia per la presenza di un laghetto sul fondo, che giustifica il nome attribuitole dai primi esploratori (…). La cavità è costituita da un unico pozzo, profondo 21 m, che nella parte sommatale presenta un notevole ampliamento della sezione, causato da crolli, i quali hanno anche determinato, unitamente all’azione erosiva delle acque sotterranee, la formazione dell’ingresso e di un piccolo ramo sospeso, che si estende, restringendosi notevolmente, in direzione SW.
Grotta del TonfoSul fondo la morfologia della grotta è più articolata, per la presenza di due brevi diramazioni che si dirigono entrambe verso NO, a partire dalle due estremità della base del pozzo.
Quella settentrionale è invasa da materiale di crollo, mentre quella meridionale è parzialmente allagata, e termina con un sifone inesplorato”.

grotta tonfo
grotta tonfo
grotta tonfo
i ruderi….a guardia del silenzio

Località Acqualonga (a quota 607 s.l.m.)
Dalle tenebre della grotta del Tonfo al trionfo della luce della collina di S. Croce, il passo è breve; si lascia la strada asfalta e, dopo, un ripido tratturo tra fitti noccioleti e selve rigogliose si raggiunge la spinata dove una volta c’era un tempio, prima pagano e poi cristiano.
Attualmente rimangono solo i ruderi di una chiesa; in origine, invece, vi era un luogo di culto storicamente molto importante, utilizzato prima dai sanniti e poi dai romani; a questo santuario, dedicato, con molta probabilità prima alla Dea Madre e poi al dio Ercole (vedi Remondini), confluivano pellegrini e mercanti delle città magnogreche, etrusche e romane dell’Agro nolano; la conferma nei reperti rinvenuti nell’aprile 1985 dal Gruppo Archeologico Nolano.
Nel Medioevo questo luogo di culto è stato lasciato in custodia prima ai Cavalieri di Malta e solo più tardi ai monaci Basiliani e ai monaci Benedettini ed , infine, alla parrocchia di Taurano.
Ruderi della Chiesa di Santa CroceQuesta chiesa è di antichissima origine, ma è testimoniata solo a partire dal XIV secolo: “Abbas Iacobus de Cappellano pro ecclesiis S. Marie de Strata, S. Crucis ad Aquam longam………..que valent unc. III solvit tar. II.” (1308-1310 Inguanez, Mattei-Cesaroli, Sella, Rationes decimarum Italiane.- in Scandone, Documenti per la Storia dei comuni dell’Irpinia – III vol., pag. 44).
In un altro documento del 1615 (Santa Visita,1615) si legge: “Eidem Parochiali est annessa cappella simplex ubi dicitur all’acqualonga sub titulo de S.ta Cruce celebrationis unius Misse quelibet anno, in eius festo, in qua cappella fuit relatum de recenti abitare duos Eremitas…..”
In questa chiesa era venerata una Madonna col Bambino in trono d’ignoto autore del XVII secolo.
Una volta abbandonata la chiesa di Santa Croce, con molta probabilità, questo olio su tavola e gli arredi sacri furono assegnati alla nuova chiesa della Madonna dell’Arco “sopra montem”.
Oggi, questa tavola è custodita presso il convento di San Giovanni del Palco

santa croce
santa croce
Le testimonianze più significative di questo itinerario sono certamente:
Freconia, Pantanielli, Palombaro: frammenti di recipienti di medie dimensioni, prevalentemente d’impasto semifine con tracce di lavorazione a stecca sulla superficie esterna, fanno ipotizzare la presenza in loco di gruppi umani già nell’ultima fase dell’età del bronzo (fase protoappennica B); degno di nota un recipiente di forma troncoconica per un motivo a ‘chevron’ inciso sulla spalla ; questi reperti archeologici, che appartengono più alla quotidianità che all’arte, meriterebbero ulteriori approfondimenti, che qui non possono trovare spazio
Acquaro (area edif. scolastico): tombe con scheletri epiroti
Via Arponi : tomba con scheletro sannita
villa rurale
tomba sannita
Numerosi resti archeologici, risalenti all’età romana la dicono lunga sulla presenza romana in loco, quando il territorio, pare, fosse punteggiato qua e là di ville urbane e di aziende agrarie.
Località Torre: pavimento a mosaico
Località Pantanielli e Montedonico resti di ville rurali tardo repubblicane, rinvenute, durante gli scavi per la costruzione di un metanodotto
Panoramica complesso termale romanoComplesso Termale ai piedi del San Giovanni in Palco a ridosso del confine tra i comuni di Lauro e Taurano (ingresso gratuito su prenotazione : ore 9:00/12:00).
Gli scavi furono realizzati dalla Sovraintendenza Archeologica (BAAAS) e diretti dagli archeologi Werner Johannosky ed Elena La Forgia, tra il 1981 e il 1985.
Particolare del NinfeoLa parte oggi visitabile del complesso si estende per circa mq. 1400; la villa si articola su più livelli raccordati da scale ed aree scoperte; il nucleo più antico risale all’età tardo-repubblicana, mentre in età augustea-tiberiana un ampliamento portò alla realizzazione di un impianto termale e di un triclinium con annesso ninfeo, splendidamente decorato con tessere in pasta vitrea.
Nella metà del I d.C. l’impianto termale fu ampliato con la realizzazione di un frigidarium, di un tepidarium e di due calidaria con corridoi di passaggio.
Di notevole valore artistico le pitture parietali del III e IV stile pompeiano e la pavimentazione in opus signinum.
In età tardo-antica la villa fu progressivamente depredata dei rivestimenti marmorei e degli elementi lapidei e parte degli ambienti furono trasformati in aree di lavorazione: il triclinio ad esempio fu trasformato in frantoio; la distruzione definitiva del complesso avvenne in seguito ad eventi vulcanici (V-VI sec. d.C.).
particolare ninfeo
complesso termale
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